In cerca del Gigiat
Tutti ne parlano, in pochissimi lo hanno visto.
In parte uomo, in parte camoscio, in parte stambecco, in parte caprone, in parte chissàccheccosa, quella del Gigiat è una delle realtà (o forse è un mito) più conosciute della val Masino. Animale leggendario dall’aspetto mostruoso, enorme ma invisibile ai più, agile, pelo lunghissimo, capace di attraversare intere vallate con pochi poderosi balzi, il cui avvistamento (pare) sia limitato solo alle valli Porcellizzo, del Ferro, Qulido e di Zocca, note laterali della stupenda val di Mello (ma secondo altri è stato avvistato anche in valle dell’Oro, Merdarola, di Spluga, in val Torrone, Cameraccio e di Preda Rossa, fino ai Corni Bruciati). Dotato di forza e resistenza immense, il Gigiat è essenzialmente erbivoro, anche se si dice che non disdegni nelle stagioni in cui il cibo scarseggia qualche malcapitato escursionista o alpinista solitario sorpreso tra le immense e silenziose pietraie che caratterizzano i suoi territori. Agilissimo e mai stanco, dotato di forza incredibile, zoccoli prensili, corna enormi e grande muso schiacciato sproporzionati rispetto al resto del corpo, è capace di correre su cenge, rocce e ghiacciai come se non risentisse delle leggi della gravità.
Sue tracce si trovano anche nella letteratura. Aurelio Garobbio, uno dei maggiori studiosi dell’universo immaginario dell’arco alpino, nella sua raccolta “Montagne e Valli incantate” (edito da Cappelli Editore, 1963) lo racconta così: “Selvaggio ed inquieto passa da un alpeggio all’altro lottando con i torelli, balza sulle giogaie con i camosci e si sente anche lui un camoscio, irrompe nelle danze delle marmotte e le afferra costringendole a ballare con lui, salta nelle fratte fra i caprioli, s’arrampica con gli scoiattoli sui pini ed appeso ai rami dondola nell’aria. Qualcuno gli ha scorto le corna ritorte del capro nascoste tra i lunghi capelli, qualcuno ha veduto impronte di zoccoli dove è passato […]. Per il Gigiat si lascia sulla lista di prato segato un po’ d’erba e prima di scaricare i monti si deposita del fieno sulla porta delle baite perché quando la neve tutto copre egli lo trovi. Per lui le donne nascondono nei boschi cacio, castagne e noci. C’è chi l’ha visto metà uomo e metà capro sfrecciare fra gli alberi e scomparire come se inghiottito dalla scagliosa. […] il Gigiat è simbolo della vita che si rinnova e dell’eterna giovinezza che sta sui monti e dai monti scende con i fiumi ad allietare il mondo”.
Dove andare a cercarlo quindi? Magari qualcuno ci è già arrivato, parliamo della notissima val di Mello, ma se avessi iniziato citando questo splendido angolo di paradiso, conosciutissimo da chi ama l’arrampicata (ma non solo), probabilmente non vi sareste fermati, convinti che non c’è nulla da scoprire seguendo il corso del torrente Mello fino alle pendici del Disgrazia. La valle invece non è solo un luna park dell’arrampicata, riserva naturale regionale, ma cela storie e leggende che solleticano la fantasia di adulti e bambini.
Potete partire da qui, da questa storia e dal murales che si trova su una casa di San Martino, all’inizio di via Vanoni (subito all’inizio della città sulla destra, di fronte al locale Kundaluna), in cui si legge: “El Gigiat, nume tutelare de esta splendida valle. Buono con lo homo che natura rispetta, mala sorte a chi lo trovasse non rispettoso. Onori et gloria a chi el vedesse e notizia ne desse…”.
Ai bambini basterà per affrontare l’intera giornata. La val di Mello è un posto idilliaco, piatto per cui adatto a tutte le gambe, contornato da boschi e splendide ripide pareti, punto di partenza per impegnativi e molto remunerativi itinerari di trekking (rifugio Allievi e bivacco Kima) ed arrampicata. A mio parere una delle zone più belle dell’intero arco alpino.
ACCESSO
Direzione Valtellina. Proveniendo dal lecchese ci stacchiamo dalla statale che ne percorre l’intero fondovalle solo poco dopo il ponte sul torrente Mello, che precede l’abitato di Ardenno (indicazione val Masino), ed imbocchiamo quindi la strada che sale a nord, che si addentra verso San Martino e, proseguendo, i Bagni di Masino. Si superano Cataeggio e Filorera e si passa accanto al Sasso Remenno, enorme monolita indicato come il più grande d’Europa (per chi arrampica impossibile non “conoscerlo”). Si arriva all’abitato di San Martino e si trovano dei grandi parcheggi, più avanti dopo un paio di tornanti un cartello indica a destra la val di Mello, seguendolo si superano le cascate del Ferro e si arriva al parcheggio della trattoria Gatto Rosso. Questa strada (poichè la valle è parco regionale) è limitata al traffico. Bisogna fare il permesso, il distributore automatico è proprio all’entrata di San Martino, dove ci sono i parcheggi (prende solo monete). Nei mesi estivi il distributore eroga solo ai primi 50 arrivati il permesso: dopo di che bisogna lasciare la macchina in paese e raggiungere la valle a piedi o con il bus navetta che parte proprio qui dai parcheggi ogni 15 min (1 euro a corsa mi han detto, ma a dirvi la verità non l’ho mai preso per cui non lo so per certo).
A piedi dai parcheggi si prosegue e si prende via Ca de l’Or e si arriva in piazza della chiesa, dove si imbocca un viottolo, indicato, che dopo un breve tratto su sentiero dentro il bosco si riallaccia alla strada asfaltata della val di Mello. Si arriva al parcheggio del Gatto Rosso in una ventina di minuti scarsi. La strada ben presto diventa mulattiera, correndo accanto al torrente raggiunge un laghetto e poi si addentra, sempre dolce, verso la testata della valle. Si possono raggiungere diversi rifugi prima di tornare sui nostri passi: Mello, Luna nascente, Rasega in circa un’ora e mezza a passo molto lento. Più avanti la casera di Pioda è un po’ l’ultimo avamposto prima di iniziare a salire verso le montagne.
DIFFICOLTA’: T (E dal Rasega). Mulattiera e sentiero.
DISLIVELLO: 225 metri (925 San Martino, 1150 il rifugio Rasega. 1560 la casera di Pioda)
TEMPO: 1h30 al Rasega
INTERESSE: paesaggiastico, naturalistico, etnografico, ci sono i sassi su cui arrampicare, laghetti ed un fantastico torrente.
NOTE: età 3+. Le domeniche estive è frequentata. Il torrente, i prati, i sassi, le pareti, l’aria fresca, i rifugi sono una bella attrattiva. Da vedere in tutte le stagioni.